AAA Centrale nucleare cerca casa (episode 2): l’ha trovata!


La Corte Costituzionale, a seguito del ricorso da parte delle Regioni Puglia, Toscana e Emilia Romagna, ha bocciato l’articolo 4 del Decreto attuativo della Legge delega in materia di nucleare (del quale ho parlato in un precedente post), che considerava sufficiente una “intesa” con la Conferenza unificata per la costruzione ed esercizio delle centrali. Secondo la Consulta è obbligatorio invece acquisire il preventivo parere, sebbene non vincolante, della Regione interessata.

Sembra comunque una vittoria di Pirro quella delle tre Regioni “ribelli”, che induce a vedere il bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno. E’ sicuramente mezzo pieno per il ministro dello sviluppo economico Romani, che ovviamente accoglie con relativa tranquillità le osservazioni della Consulta: “il parere delle Regioni è ragionevolmente obbligatorio, ma non vincolante” aggiunge. Come dire: se esse si opporranno, poco ce ne cale, le centrali le costruiremo lo stesso.

Ma lo vedono mezzo pieno anche le opposizioni di governo (PD e Verdi), che leggono il parere della Consulta come una“sonora bocciatura” e decretano “un flop clamoroso” il ritorno al nucleare imposto dal centro-destra. Cogliati Dezza, presidente di Legambiente, d’altro canto afferma che “la via decisionista non paga” e i fatti di Scanzano Ionico ne hanno dato ampia dimostrazione. In effetti…

Ma che ne pensa la gente del nucleare?

L’Eurobarometro ha condotto a fine 2009 una grande campagna di opinione sulla percezione dei cittadini europei riguardo l’energia nucleare. Il rapporto potete scaricarlo da qui. Al quesito (pag. 41) “Quando pensi all’energia nucleare, cosa ti viene in mente?” gli italiani hanno risposto così:

  • I rischi del nucleare come fonte di energia superano i suoi benefici:  55%
  • I benefici del nucleare come fonte di energia superano i rischi connessi: 27%
  • Nessuna delle due: 11%
  • Non so: 7%

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Fonti rinnovabili, basteranno delle linee guida?


L’altro ieri è stato emanato il Decreto 10 settembre 2010 del Ministero dello Sviluppo Economico (ad interim ancora nelle mani del Presidente del Consiglio) dal titolo “Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili”, che tenta di fare un po’ d’ordine nel caos che regna sulle energie rinnovabili in Italia, da un lato acclamate come unico viatico per raggiungere gli obiettivi del Protocollo di Kyoto e salvare il nostro pianeta, dall’altro come fonte di speculazioni sui lauti finanziamenti elargiti dai governi nazionali ed europeo, nonché responsabili di distruzione del paesaggio e dell’avifauna (essenzialmente fotovoltaico ed eolico).

Su questo blog ce ne siamo occupati a più riprese, cercando di fornire il maggior numero di elementi e informazioni affinché chiunque possa farsi un’idea autonoma, critica e soprattutto consapevole riguardo i pro e i contro dell’energia da fonti rinnovabili.

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Chi ha paura dell’acqua privata?


Io, per primo. Ma qualche giorno fa, la lettura di un articolo su il Post mi ha fatto riflettere parecchio su alcune questioni.

Il Comitato Promotore dei Referendum per l’acqua pubblica ha consegnato in Corte di Cassazione oltre un milione e quattrocentomila firme, record assoluto nella storia della Repubblica. Ma è presto per cantare vittoria. Nel nostro amato Paese infatti, negli ultimi 15 anni non un solo referendum è riuscito a raggiungere il quorum del 50% necessario per essere valido. E c’è chi da un lato afferma velleitariamente sia meglio abolire l’istituto stesso del referendum, dall’altro chi chiede la soppressione del quorum per la sua validità.

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Dove vanno le energie rinnovabili in Italia…


L’11 giugno scorso il Ministero dello Sviluppo Economico ha approvato il “Piano di azione nazionale per le energie rinnovabili” redatto ai sensi della Direttiva 2009/28/CE, che verrà trasmesso alla Commissione Europea il 30 giugno per i connessi adempimenti. Fino a tale data è possibile effettuare delle osservazioni, sebbene in meno di 20 giorni sia ridicolo pretendere di riuscire a farne in maniera circostanziata… ah, la “fretta”!

Qui potete leggere il comunicato stampa dello stesso Ministero, che afferma tra le altre cose

Entro il 2020 il nostro Paese conta di coprire con le fonti energetiche rinnovabili il 17% dei consumi energetici nazionali, in linea con le indicazioni europee.

[…]

Il Piano di azione nazionale contiene e descrive l’insieme delle misure (economiche, non economiche, di supporto, di cooperazione internazionale) necessarie per raggiungere gli obiettivi, prevedendo di intervenire sul quadro esistente dei meccanismi di incentivazione (quali, per esempio, i certificati verdi, il conto energia, i certificati bianchi, l’agevolazione fiscale per gli edifici, l’obbligo della quota di biocarburanti, …) per incrementare la quota di energia prodotta rendendo più efficienti gli strumenti di sostegno, in modo da evitare una crescita parallela della produzione e degli oneri di incentivazione, che ricadono sui consumatori finali, famiglie ed imprese.

È inoltre prevista dal Piano l’adozione di ulteriori misure trasversali, ovvero quelle volte alla realizzazione delle condizioni necessarie alla rimozione o attenuazione di talune barriere correlate, in particolare, ai procedimenti autorizzativi, allo sviluppo delle reti di trasmissione e distribuzione per un utilizzo intensivo/intelligente del potenziale rinnovabile, alle specifiche tecniche di apparecchiature e impianti, alla certificazione degli installatori. Si tratta di barriere di grande rilevanza, e che fanno sì che l’indice di efficacia delle politiche nazionali risulti ancora troppo basso nonostante l’elevato livello degli incentivi.

[…]

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AAA Centrale nucleare cerca casa (episode 1)


Mappa delle centrali nucleari attive nel mondo al 2009 (fonte http://bbs.keyhole.com)

Il Consiglio dei Ministri n.82 del 10/02/2010 ha dunque approvato in via definitiva lo schema di Decreto Legislativo sulla localizzazione e realizzazione degli impianti nucleari. Dopo più di vent’anni, il Governo decide per legge (anzi, Decreto Legislativo) che il nostro Paese deve tornare al nucleare, cancellando di fatto la volontà del 65% degli italiani che con l’80% dei suffragi al referendum del novembre 1987 sancirono l’abbandono definitivo da parte dell’Italia dell’approvvigionamento di energia elettrica da fonte nucleare autoprodotta, sebbene non del divieto di acquisto da altri Paesi che possiedono centrali nucleari.

Lascio a voi la libertà di informarvi circa i pro e i contro sul nucleare come fonte energetica, io qui voglio “solo” mettere in evidenza alcuni aspetti del D.Lgs. sulla cui base si giocherà la delicata partita sulla quale Governo, Regioni, ma soprattutto cittadini saranno chiamati ad avere un ruolo non marginale. Riguardo questo, forse saprete che le Regioni Puglia (L.R. 30/2009), Campania e Basilicata hanno emanato proprie leggi che vietano di fatto l’ubicazione sul proprio territorio degli impianti nucleari (produzione di energia elettrica e combustibile) e dei siti di stoccaggio delle relative scorie.

Lo schema del D.Lgs. n. 174 (vedi schede di lettura) è stato approvato dal CdM a seguito della delega di cui all’art. 25 della L. 99/2009, vediamone i punti salienti.

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Il futuro geologico della Puglia


Finamente è stata promulgata la da noi tanto agognata L.R. 33/2009 “Tutela e valorizzazione del patrimonio geologico e speleologico”, a soli 3 mesi dalla sua scadenza. Si tratta ora di darle attuazione, affinchè non rimanga solo un’espressione di buone intenzioni da parte della Regione.

Il disegno di legge inziale, risalente a più i due anni fa, era volto semplicemente a rivedere la ormai obsoleta L.R. 32/1986 – abrogata infatti dalla stessa L.R. 33/2009 – che tutelava il solo patrimonio speleologico. Quando ero consulente dell’Ufficio Parchi della Regione Puglia mi fu chiesto di dare un parere proprio sul disegno di legge, e mi parve un’occasione imperdibile per poter estendere la tutela all’intero patrimonio geologico, includendo i geositi.

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Casca la terra…

Casca la terra…


Qualcuno l’ha già scritto: l’abusivismo in Italia non esiste.

Per due semplici, ovvi, quanto assurdi motivi:

  1. le DIA, i PdC, le lottizzazioni edilizie e gli altri strumenti di pianificazione e trasformazione del territorio vengono rilasciati e messi a punto dai Comuni, che “dovrebbero” assicurarsi non entrino in contrasto con i vincoli;
  2. “può capitare” poi che gli interventi vengano realizzati in difformità dai suddetti strumenti, ma ecco pronta la soluzione all’italiana: prima o poi verranno sanati da uno dei periodici condoni che i nostri governi tirano fuori a Natale o a Ferragosto.

E l’abusivismo, come per incanto, sparisce. Quei “pochi” ecomostri rimasti fuori da simili grazie, invece, per la stra(molto)grande maggioranza rimangono stoicamente in piedi. E chi si azzarda e riesce pure a buttarli giù, come si dice dalle nostre parti “ha pure il resto”.

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Verso la tutela delle acque in Puglia


La Direttiva quadro in materia di acque (2000/60/CE) ha istituito i “Piani di Tutela delle Acque” (PTA) come strumenti finalizzati al raggiungimento degli obiettivi di qualità dei corpi idrici e più in generale alla protezione dell’intero sistema idrico superficiale e sotterraneo, obiettivi da raggiungere entro la fine del 2015.

Con questo articolo vorrei socializzare un tentativo – fatto un paio di anni fa – di riassumere i punti cardine del PTA, cercando di evidenziare le questioni peculiari riguardo le azioni e le misure di salvaguardia già in vigore dall’agosto del 2007, data della sua prima approvazione.

La Regione Puglia infatti, con DGR 883/2007 aveva già approvato il Progetto di PTA, elaborato con il supporto della SOGESID. Lo stesso provvedimento prevedeva che dal 18/08/2007 (30 gg dalla pubblicazione) e fino alla definitiva approvazione del Piano, tutti i soggetti pubblici e privati sono tenuti ad applicare quanto previsto dalle “Prime Misure di Salvaguardia”, che hanno carattere di prescrizione. Misure volte alla protezione urgente delle risorse idriche sotterranee, in uno stato di criticità estremo dovuto alle pressioni antropiche che hanno portato ad un loro generale depauperamento e alla salinizzazione della falda lungo le fasce costiere.

Il territorio sottoposto alle suddette misure di salvaguardia corrisponde a quasi la metà di quello regionale (Tavv. A e B del PTA), implicando notevoli limitazioni per moltissime attività che vi si svolgono.

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